Eruzioni fallite all’origine dei depositi di rame

- EN- DE- FR- IT
La miniera a cielo aperto di Chuquicamata (Cile) sfrutta uno dei più grandi depo
La miniera a cielo aperto di Chuquicamata (Cile) sfrutta uno dei più grandi depositi di rame porfirico del mondo: è lungo 4,3 km, largo 3 km e in alcuni punti profondo fino a 0,9 km. Foto: Massimo Chiaradia

Gli scienziati dell’Università di Ginevra rivelano un meccanismo sorprendente per la formazione di depositi di rame, un metallo essenziale per la transizione energetica.

Il rame è un materiale essenziale per la conduzione elettrica ed è uno dei metalli più usati oggi sul pianeta. Le maggiori risorse naturali di questo metallo sono i cosiddetti depositi "porfirici" provenienti da magmi in profondità nella terra. In un recente studio, gli scienziati dell’Università di Ginevra (UNIGE) dimostrano che questi preziosi depositi sono in gran parte prodotti da meccanismi simili a quelli che causano le grandi eruzioni vulcaniche. In un momento in cui le attuali risorse di rame stanno diminuendo e il metallo gioca un ruolo chiave nella transizione energetica, questa scoperta apre nuove strade per lo sviluppo di strumenti per scoprire nuovi depositi. Questi risultati possono essere letti nella rivista Nature - Communications Earth & Environment.

Il rame è una delle risorse naturali più sfruttate del pianeta. Eccellente conduttore e altamente resistente alla corrosione, questo metallo è usato per produrre tutti i tipi di fili e connessioni elettriche. È anche usato per fare molte leghe, come il bronzo e l’ottone. Considerato un materiale essenziale per la transizione energetica - è massicciamente utilizzato per equipaggiare le auto elettriche - la sua domanda supererà le risorse disponibili conosciute entro pochi decenni. Scoprire nuovi depositi e acquisire nuove conoscenze sulla loro formazione è quindi una sfida cruciale.

Uno studio guidato da Massimo Chiaradia, docente senior e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente della Facoltà di Scienze dell’Università di Ginevra, ha fatto un’importante scoperta in questo campo. Ha evidenziato il fatto che i cosiddetti depositi di "porfido" - dal nome della roccia magmatica che contiene il rame - sono il risultato di meccanismi molto simili a quelli che causano le grandi eruzioni vulcaniche. "Abbiamo scoperto che le grandi riserve di rame nascono da eruzioni fallite", spiega il ricercatore.

Tutto viene dal magma

Il rame proviene da fluidi caldi, composti principalmente da acqua, rilasciati dal raffreddamento dei magmi. Questi magmi, che sono anche alla base delle eruzioni, provengono dallo strato intermedio tra il nucleo e la crosta terrestre, noto come "mantello", e poi salgono alla superficie terrestre dove formano una "camera magmatica". Questa è di solito tra i 5 km e i 15 km di profondità. "Se il volume e il tasso di iniezione del magma in questo serbatoio sono molto grandi, una grande quantità di fluidi può essere rilasciata catastroficamente nell’atmosfera con il magma durante un’eruzione vulcanica", spiega Massimo Chiaradia, primo autore della ricerca. Ma questi fluidi possono anche svilupparsi più silenziosamente sotto la superficie terrestre e dare origine a un deposito, a una profondità variabile da 1 km a 6 km.

Questo fenomeno è però molto meno frequente, il che spiega in parte la rarità dei depositi. "Ci vogliono decine o centinaia di migliaia di anni perché si formi un deposito di rame, mentre le eruzioni vulcaniche sono più frequenti. Un’eruzione fallita dipende dalla combinazione di diversi parametri: la velocità di iniezione del magma, la velocità di raffreddamento e la rigidità della crosta terrestre che circonda la camera magmatica. La crosta deve essere flessibile per assorbire la pressione esercitata dai nuovi arrivi di magma, in modo che l’eruzione non abbia luogo", spiega Luca Caricchi, secondo autore e professore associato al Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente.

Facilitare l’esplorazione di futuri depositi

"L’identificazione delle somiglianze tra le grandi eruzioni e i depositi ci permetterà di utilizzare molte delle conoscenze acquisite dai vulcanologi per far progredire la nostra comprensione della formazione dei depositi di porfido", dice Massimo Chiaradia. Per arrivare ai loro risultati, il team dell’Università di Ginevra si è basato su dati e cifre forniti dalle compagnie minerarie da un lato, e su quelli raccolti sul campo e in laboratorio da numerosi ricercatori dall’altro - combinati con modelli petrologici e geochimici.

Questi risultati aprono nuove strade per lo sviluppo di strumenti geologici, mineralogici e geochimici per un’esplorazione più efficiente dei più grandi depositi di rame porfirico sulla Terra. "Il prossimo passo sarà quello di lavorare su un modello per quantificare nel modo più preciso possibile il contenuto totale di rame e quindi la qualità di un giacimento potenzialmente sfruttabile", conclude Massimo Chiaradia.