Un nuovo materiale sviluppato all’EPFL potrebbe cambiare per sempre il modo di produrre il cemento e ridurre le emissioni di 500 milioni di tonnellate entro il 2030.
Sotto la direzione di Karen Scrivener, responsabile del Laboratorio Materiali da Costruzione dell’EPFL presso la Facoltà di Scienze e Tecniche dell’Ingegneria, un team di ricercatori ha esaminato le implicazioni ambientali del calcestruzzo, un materiale che viene prodotto al ritmo di quattro tonnellate all’anno per persona. La sfida? Il cemento, la "colla" del calcestruzzo, è responsabile dell’8% delle emissioni globali. E il clinker, un componente chiave del cemento, è uno dei principali responsabili delle emissioni di anidride carbonica, con il 90% delle emissioni globali di cemento durante la produzione del calcestruzzo. La soluzione? LC3, acronimo di Limestone Calcined Clay Cement. L’LC3 è un’alternativa che offre anche una maggiore durata e una significativa riduzione delle emissioni, pur rimanendo economicamente vantaggiosa. È quindi indispensabile trovare una soluzione per ridurre l’impatto del calcestruzzo sul clima, soddisfacendo al contempo le esigenze delle economie in crescita.
LC3: l’innovazione che sta trasformando l’industria del cemento
L’LC3 affronta le due fonti di emissioni di carbonio legate alla produzione di clinker. In primo luogo, sostituisce metà del clinker con argilla calcinata e calcare macinato. L’argilla non rilascia carbonio quando viene riscaldata, a differenza del calcare, e viene riscaldata a una temperatura molto più bassa, riducendo la quantità di combustibile necessario e le emissioni che ne derivano. Le temperature più basse rendono inoltre più facile il passaggio a fonti di energia più pulite, come l’elettricità, rispetto alla produzione di clinker. L’LC3 può ridurre le emissioni di CO2 di circa il 40% rispetto al cemento tradizionale, sostituendo metà del clinker.
L’LC3 è anche funzionale. È meno permeabile all’acqua e al sale, quindi le strade e i ponti in calcestruzzo sono più resistenti e durano più a lungo, riducendo i costi e i disagi legati alla loro sostituzione. Poiché richiede meno energia per la produzione e utilizza argilla disponibile ovunque, può essere prodotto a un costo inferiore fino al 25%.
Riduzione di 500 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030
L’LC3 è già in rapida crescita e viene attualmente prodotto in diversi impianti in tutto il mondo. Per ogni tonnellata di argilla calcinata prodotta, si risparmiano 600 kg di CO2.
Entro la fine del 2023, grazie all’LC3 saranno stati risparmiati circa 15 milioni di tonnellate di CO2. Entro il 2025, l’LC3 dovrebbe aver risparmiato 45 milioni di tonnellate.
Se l’industria del cemento adottasse ampiamente l’uso dell’LC3, potrebbe contribuire a prevenire fino a 500 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 entro il 2030.
Molti grandi produttori di cemento stanno adottando il cemento prodotto con argille calcinate e calcare. Holcim, ad esempio, ha annunciato nel gennaio 2023 che un impianto in Francia fornirà fino a 500.000 tonnellate di cemento a "basse emissioni di carbonio" all’anno. Argos Cementos in Colombia produce 2,3 milioni di tonnellate di cemento LC3 all’anno, che viene già utilizzato localmente per la costruzione di strade, gallerie ed edifici.
Il futuro del cemento è nei Paesi del Sud del mondo
Negli anni e nei decenni a venire, la maggior parte delle nuove costruzioni a livello mondiale avverrà nei Paesi del Sud, soprattutto in Africa, dove si prevede che la popolazione aumenterà di un miliardo di persone entro il 2050. Ciò significa che ci sarà una forte crescita del cemento.
L’Africa ha la popolazione in più rapida crescita al mondo, ma il calcare adatto alla produzione di clinker è molto scarso nel continente. Oggi le costose importazioni di clinker hanno un impatto diretto sui costi. Ciò pone problemi di accessibilità alle abitazioni e alle infrastrutture. Fortunatamente, le argille sono il prodotto degli agenti atmosferici di comuni tipi di roccia. Sono quindi disponibili in abbondanza nella maggior parte dei contesti geologici. Le argille di tipo caolinico, le più adatte per la LC3, sono disponibili in abbondanza in tutta l’Africa.
Adottando la tecnologia LC3 e sostituendo gran parte del clinker con risorse locali, i Paesi africani e del Sud del mondo possono creare industrie locali e trarre vantaggi economici e occupazionali. Ci sarà sempre meno bisogno di importare clinker con valuta estera e questo permetterà di costruire abitazioni e infrastrutture a costi inferiori, limitando al contempo le emissioni di CO2.
Una catena del valore del calcestruzzo ripensata
La riduzione della quantità di clinker nel cemento riduce le emissioni durante la produzione del cemento, ma ci sono molte altre strategie se consideriamo l’intera catena del valore del calcestruzzo. Migliorando l’efficienza energetica degli impianti e utilizzando combustibili alternativi come quelli di scarto, possiamo ridurre ulteriormente le emissioni di CO2 associate alla produzione di clinker. Ottimizzando la granulometria, riduciamo i vuoti che devono essere riempiti dalla pasta di cemento, riducendo così i costi del cemento e le emissioni.
Possiamo anche migliorare la progettazione e l’efficienza del calcestruzzo utilizzato nelle strutture e negli edifici. La Global Cement and Concrete Association (GCCA) stima che in questo modo si potrebbe ridurre l’uso del calcestruzzo del 22%, abbattendo i costi. Infine, l’adattamento di alcuni elementi di progettazione e l’aumento dell’efficienza e del riciclo dei materiali ridurranno ulteriormente l’impatto del calcestruzzo sul clima.
Combinando tutte queste strategie, possiamo ridurre le emissioni di cemento e calcestruzzo dell’80% utilizzando le tecnologie attuali.
Per raggiungere questo obiettivo, è necessario che le parti interessate di tutto il settore lavorino insieme: produttori di cemento e calcestruzzo, appaltatori e partner commerciali, team di progettazione e proprietari. Cambiare le pratiche esistenti e dare impulso a un cambiamento a livello industriale richiede dedizione e perseveranza. Il settore pubblico e quello privato devono dimostrare la loro volontà di collaborare per facilitare la transizione verso un obiettivo di emissioni nette zero nel settore delle costruzioni, fornendo al contempo soluzioni per una crescita sostenibile. Ora più che mai, abbiamo bisogno della cooperazione tra pubblico e privato per garantire che vengano messe in atto soluzioni reali.