L’incontro tra Neanderthal e Sapiens raccontato dai loro genomi

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Analizzando genomi vecchi di circa 40.000 anni, un team dell’Università di Ginevra sta tracciando la storia delle migrazioni delle popolazioni Sapiens e Neandertal.

Il team dell’UNIGE ha analizzato la distribuzione della porzione di DNA er
Il team dell’UNIGE ha analizzato la distribuzione della porzione di DNA ereditata dai Neanderthal nei genomi degli esseri umani (Homo sapiens) negli ultimi 40.000 anni. Claudio Quilodrán
Circa 40.000 anni fa, i Neandertal, che avevano vissuto per centinaia di migliaia di anni nella parte occidentale del continente eurasiatico, lasciarono il posto all’Homo sapiens, arrivato dall’Africa. Questa sostituzione non fu improvvisa e le due specie coesistettero per diversi millenni, portando all’integrazione del DNA di origine neandertaliana nel genoma sapiens. Un team dell’Università di Ginevra ha analizzato la distribuzione della porzione di DNA ereditata dai Neanderthal nei genomi degli esseri umani (Homo sapiens) negli ultimi 40.000 anni. Queste analisi statistiche hanno rivelato sottili variazioni nel tempo e nello spazio geografico. Questo lavoro, pubblicato sulla rivista Science Advances, ci aiuta a comprendere la storia comune di queste due specie.

Grazie al sequenziamento dei genomi e alla loro analisi comparativa, è stato stabilito che Neanderthal e Sapiens si sono incrociati e che questi incontri sono stati talvolta fertili, il che ha portato alla presenza di circa il 2% di DNA neandertaliano negli attuali eurasiatici. Tuttavia, questa percentuale varia leggermente a seconda della regione dell’Eurasia, poiché il DNA di Neanderthal è leggermente più abbondante nei genomi delle popolazioni asiatiche rispetto a quelli delle popolazioni europee.

Un’ipotesi per spiegare questa differenza è che la selezione naturale non abbia avuto lo stesso effetto sui geni di origine neandertaliana nelle popolazioni asiatiche ed europee. Il team di Mathias Currat, del Dipartimento di Genetica ed Evoluzione della Facoltà di Scienze dell’Università di Ginevra, sta lavorando su un’altra ipotesi. Il suo lavoro precedente, basato su simulazioni al computer, suggerisce che tali differenze potrebbero essere spiegate dai flussi migratori: quando una popolazione migrante si ibrida con una popolazione locale nell’area di coabitazione, la percentuale di DNA della popolazione locale tende ad aumentare con la distanza dal punto di partenza della popolazione migrante.

Europa: un territorio condiviso da entrambe le specie

Nel caso di Sapiens e Neandertal, l’ipotesi è che più ci si allontana dall’Africa, punto di origine dell’Homo sapiens, maggiore è la percentuale di DNA proveniente dal Neandertal, una popolazione che si trova principalmente in Europa. Per verificare questa ipotesi, gli autori hanno utilizzato un database messo a disposizione dalla Harvard Medical School, che contiene più di 4.000 genomi di individui vissuti in Eurasia negli ultimi 40 millenni.

Il nostro studio si concentra principalmente sulle popolazioni europee, poiché dipende ovviamente dal ritrovamento delle ossa e dallo stato di conservazione del DNA. Si dà il caso che in Europa ci siano stati molti più scavi archeologici, il che rende molto più facile studiare i genomi delle popolazioni europee", spiega Claudio Quilodrán, ricercatore presso il Dipartimento di Genetica ed Evoluzione della Facoltà di Scienze dell’Università di Ginevra e co-autore dello studio.

Le analisi statistiche hanno rivelato che, nel periodo successivo alla partenza dell’Homo sapiens dall’Africa, i genomi dei cacciatori-raccoglitori paleolitici che vivevano in Europa contenevano una percentuale di DNA di origine neandertaliana leggermente superiore a quella dei genomi di coloro che vivevano in Asia. Questo risultato è in contrasto con la situazione attuale, ma in linea con i dati paleontologici, poiché la presenza di Neanderthal è stata segnalata essenzialmente nell’Eurasia occidentale (non sono state trovate ossa di Neanderthal più a est della regione di Altai, in Siberia).

L’arrivo di popolazioni agricole dall’Anatolia altera i genomi

Successivamente, durante la transizione al Neolitico, cioè il passaggio da uno stile di vita da cacciatore-raccoglitore ad uno da agricoltore tra 10.000 e 5.000 anni fa, lo studio mostra un declino della percentuale di DNA di origine neandertaliana nei genomi delle popolazioni europee, fino a una percentuale leggermente inferiore a quella delle popolazioni asiatiche (come si osserva attualmente). Questo declino coincide con l’arrivo in Europa delle prime popolazioni agricole provenienti dall’Anatolia (penisola occidentale della Turchia) e dal Mar Egeo, che a loro volta possedevano una percentuale di DNA di origine neandertaliana inferiore a quella degli abitanti dell’Europa nello stesso periodo. Mescolandosi con le popolazioni europee, i genomi di questi individui provenienti dall’Anatolia hanno "diluito" un po’ di più il DNA neandertaliano.

Questo studio dimostra che l’analisi dei genomi antichi, unita ai dati archeologici, permette di ripercorrere le diverse fasi della storia delle specie ibride. Stiamo inoltre iniziando a disporre di dati sufficienti per descrivere con sempre maggiore precisione la percentuale di DNA di origine neandertaliana nel genoma Sapiens in determinati periodi della preistoria. Il nostro lavoro può quindi servire da riferimento per studi futuri per individuare più facilmente profili genici che si discostano dalla media e che potrebbero quindi avere un effetto vantaggioso o svantaggioso", conclude Mathias Currat, autore finale dello studio.

18 ottobre 2023