Proprio come il sistema immunitario protegge il nostro corpo umano, in futuro i droni dovranno occuparsi della manutenzione degli edifici e delle infrastrutture. Ad esempio, potranno rilevare i danni ed eseguire autonomamente le riparazioni e la manutenzione. Questa è l’immagine che il ricercatore di droni Mirko Kovac evoca quando parla della sua visione dell’interazione tra i robot volanti autonomi e il nostro ambiente costruito. Il paragone con la biologia e il corpo umano non è casuale: in qualità di responsabile del laboratorio di ricerca Sustainability Robotics dell’Empa e di direttore dell’Aerial Robotics Lab dell’Imperial College di Londra, Mirko Kovac e il suo team traggono ispirazione dalla natura nelle loro ricerche. Il risultato sono droni che volano dentro e fuori dall’acqua come uccelli acquatici e sono in volo in pochi secondi, o droni che si aggrappano a pareti e soffitti e si calano su fili sottili come ragni. Oppure interi sciami di bombi, ispirati alle colonie di api, sono in grado di "costruire" dividendosi il lavoro e utilizzando processi di stampa 3D. Allo stesso tempo, i ricercatori stanno lavorando a robot volanti bio-ibridi che, una volta terminato il loro lavoro, si decompongono biologicamente in natura e non lasciano traccia.
Questi e altri sistemi di droni vengono attualmente sviluppati e testati nelle arene di volo dell’Empa di Dübendorf e dell’Imperial College di Londra. Inoltre, per rendere le condizioni di sviluppo ancora più realistiche, è prevista la costruzione di una voliera nell’edificio di ricerca e innovazione del NEST, che potrà essere utilizzata come ambiente di prova permanente all’aperto per varie applicazioni. "Con il ’DroneHub’ del NEST, vogliamo comprendere meglio le esigenze dell’industria e integrarle nella nostra ricerca", spiega Mirko Kovac, che invita esplicitamente le aziende interessate a collaborare.
La seconda area di ricerca si concentra sull’interazione tra droni e natura. L’attuale ricerca sul clima dipende dai dati dei sensori e del monitoraggio ambientale. "I droni sono ottimi fornitori di dati, soprattutto in aree difficili da raggiungere e molto vaste. Possono posizionare sensori mirati nella natura e raccogliere dati attraverso voli regolari", spiega Mirko Kovac. L’importante è che i sistemi di sensori e droni non abbiano un impatto negativo sull’ambiente (vedi pagina XX). Ed è proprio questo l’obiettivo del "DroneHub": in un ambiente naturale, con alberi e suolo forestale, è possibile effettuare test con materiali biodegradabili per droni e sensori. Inoltre, una parte di questa biosfera servirà come "serra" per strutture robotiche bio-ibride, cioè per coltivare componenti di droni a partire da materiali rinnovabili e biodegradabili, ad esempio.
Per la terza area di ricerca, il "DroneHub" deve essere completato da interfacce con il mondo esterno. "Se immaginiamo un futuro in cui i droni siano naturalmente integrati nella vita urbana di tutti i giorni e in cui robot ed esseri umani coesistano, abbiamo bisogno di regole e standard tecnologici per questo", spiega Mirko Kovac. Questo inizia, ad esempio, con le zone di atterraggio su o vicino agli edifici che i droni devono raggiungere autonomamente, o con le stazioni di ricarica presso le quali i droni da trasporto si riforniscono autonomamente per il volo successivo. Presso il "DroneHub", i ricercatori di droni saranno coinvolti nello sviluppo e nella definizione di linee guida tecniche per queste interfacce tra edifici e robot volanti e contribuiranno a garantire che la convivenza tra uomo e macchina non rimanga "fantascienza".