Studiare le scienze della Terra significa confrontarsi con molte domande irrisolte. E se si va in profondità nelle viscere della Terra, le incognite si moltiplicano, perché questa zona è invisibile e inaccessibile. Infatti, il foro più profondo scavato finora si trova nella penisola di Kola, in Russia, e raggiunge una profondità di 12 chilometri, che non è nemmeno un quarto dello spessore medio della crosta continentale. Ma anche se riusciamo a scavare così in profondità, è quasi impossibile effettuare misurazioni dirette, per questo è necessario riprodurre in laboratorio le condizioni della crosta profonda.
È in questo campo di esplorazione che Gabriel Meyer, studente post-dottorato presso il Laboratorio Sperimentale delle Rocce (LEMR) dell’EPFL, sta concentrando la sua ricerca, in particolare lo studio di queste rocce molto profonde e delle loro trasformazioni. "In queste condizioni, si raggiunge una transizione nel comportamento meccanico delle rocce. Ciò che mi spinge è riuscire a capire cosa succede lì, perché non possiamo visualizzarlo sul campo", spiega. La comprensione del comportamento di queste rocce è ora un po’ più accessibile grazie alla creazione di una nuova macchina che riproduce in laboratorio le condizioni di pressione e temperatura a tali profondità. La professoressa Marie Violay, direttrice del LEMR, e il suo team hanno impiegato quasi sei anni per sviluppare questo dispositivo. I primi risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Nature Communications.
Acqua a oltre 400°C
Questi dati recenti forniscono nuove conoscenze sulla cosiddetta geotermia supercritica, la nuova frontiera dell’energia geotermica. L’energia geotermica supercritica è in fase di sviluppo da una quindicina d’anni in varie parti del mondo, perché potrebbe in definitiva decuplicare la quantità di energia estratta rispetto alle centrali geotermiche convenzionali, che perforano la superficie più in profondità. L’idea è quella di trovare serbatoi di acqua a temperature di 400°C, situati in media a una decina di chilometri di profondità nella crosta terrestre. Finora i primi test conclusivi di questa tecnologia sono stati effettuati solo in aree vulcaniche, dove questa temperatura può essere raggiunta già a cinque chilometri di distanza.Allo stato duttile, la roccia non presenta più faglie, ma si deforma in modo uniforme, come un morbido caramello. Il suo comportamento diventa complesso. Le deformazioni avvengono nelle strutture cristalline dei grani.
G abriel Meyer, ricercatore post-dottorato presso il Laboratorio Sperimentale delle Rocce (LEMR) dell’EPFL A queste profondità, l’acqua non è né liquida né gassosa, ma supercritica, uno stato della materia che consente una maggiore estrazione di energia. Anche il comportamento meccanico della roccia cambia, passando da uno stato fragile, contenente microfratture, a uno stato duttile. "In questo caso, la roccia non presenta più faglie, ma si deforma in modo uniforme, come un caramello morbido. Il suo comportamento diventa complesso. Le deformazioni avvengono nelle strutture cristalline dei grani". La domanda era quindi se l’acqua potesse circolare anche in questa roccia duttile così speciale.
Visualizzazione tridimensionale
Per misurare la permeabilità, gli scienziati hanno riprodotto il cambiamento di stato da roccia fragile a duttile. Per farlo, hanno sottoposto un campione di granito alle stesse condizioni di pressione e temperatura che esistono sotto la crosta terrestre. In pratica, la macchina pressurizza la roccia e la deforma utilizzando un pistone. La temperatura e la pressione aumentano gradualmente, simulando le condizioni che si trovano da poche centinaia di metri a qualche chilometro sotto la crosta terrestre. Successivamente, gli scienziati hanno scansionato i campioni deformati in tre dimensioni utilizzando un sincrotrone per visualizzare la permeabilità."Per molto tempo si è pensato che la transizione tra rocce fragili e duttili segnasse un limite per la circolazione dell’acqua nella crosta, ma siamo riusciti a dimostrare che essa può circolare anche nelle rocce duttili. Si tratta di una prima scoperta molto promettente che apre la strada a ulteriori ricerche in questo campo", conclude Gabriel Meyer.