Vivere più a lungo grazie all’esercizio fisico intenso

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 (Immagine: Pixabay CC0)
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Di norma, l’esercizio fisico regolare è salutare. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Basilea ha ora scoperto che l’intensità dell’attività influisce sul rischio di morte.

La longevità è la tendenza: tutti vogliamo vivere il più a lungo possibile e allo stesso tempo rimanere in salute. Ecco perché internet è pieno di consigli sulla longevità: Digiuno, alimentazione sana, allenamenti che fanno sudare, yoga o meditazione... Anche la scienza si occupa di longevità.

I ricercatori guidati da Fabian Schwendinger del Dipartimento di Sport, Esercizio e Salute dell’Università di Basilea hanno studiato come il tipo di attività sportiva sia legato alla mortalità. I loro risultati sono stati pubblicati sull’"European Journal of Preventive Cardiology".

Lo studio dimostra che la mortalità diminuisce in modo significativo quando l’attività fisica viene svolta a un’intensità maggiore. Questo risultato è interessante perché finora la ricerca e l’opinione pubblica tendevano a concentrarsi sulla durata dello sport e dell’esercizio fisico. Lo studio, quindi, rompe con l’idea che le sessioni di esercizio più lunghe siano sempre il modo migliore per mantenersi in forma.

Allenamento per cuore e polmoni

Per il loro studio, i ricercatori hanno analizzato una serie di dati di oltre 7.000 persone negli Stati Uniti. Tutti i soggetti hanno indossato un accelerometro per una settimana. Simile a uno smartwatch, misura le accelerazioni che una persona genera nella vita quotidiana e consente quindi di trarre conclusioni sulla sua attività. I ricercatori hanno quindi analizzato i dati ottenuti fino al secondo e sono riusciti a determinare che l’intensità ha un effetto positivo sulla longevità. Più un movimento, come ad esempio camminare, è veloce e dinamico, più l’attività è intensa.

Il ricercatore Fabian Schwendinger spiega: "Una maggiore intensità stimola maggiormente il sistema cardiovascolare. Questo migliora la funzione vascolare e l’idoneità cardiorespiratoria, cioè le prestazioni del sistema cardiovascolare e respiratorio", riducendo il rischio di malattie cardiovascolari, diabete, ictus, ipertensione e altri problemi di salute. Di conseguenza, diminuisce anche il rischio di morte.

Tuttavia, questo non significa che tutti debbano fare solo allenamenti ad alta intensità. Schwendinger afferma che: ’Non si tratta di vivere più a lungo solo se ci si allena in modo estremamente intenso, sfinendosi e rimanendo completamente senza fiato’. È già utile rendere più intensi i movimenti quotidiani e, ad esempio, scegliere un passo più veloce per camminare o usare le scale invece dell’ascensore. Chi fa già attività fisica regolarmente può aumentare la velocità di base del jogging o fare un allenamento intensivo a intervalli.

Uno dei grandi punti di forza del nostro studio è che ha incluso persone con livelli di forma fisica e mobilità molto diversi. Ciò significa che tutti, indipendentemente dal fatto che siano molto sportivi o poco mobili, possono trarre beneficio dalla consapevolezza che l’intensità riduce la mortalità", afferma lo scienziato sportivo.

Meglio lungo una volta che breve qualche volta

L’analisi dei dati suggerisce anche che l’esercizio fisico intenso potrebbe essere molto più efficace se svolto in una sola volta e non distribuito nell’arco della giornata, in quanto stimola maggiormente il flusso sanguigno. Questo potrebbe essere già il caso delle piccole unità. È quindi probabilmente più vantaggioso fare esercizio fisico intenso per cinque minuti piuttosto che per cinque volte al minuto.

Se questa scoperta completamente nuova potesse essere riprodotta in uno studio a lungo termine, potrebbe influenzare il modo in cui gli esperti o l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano lo sport e l’esercizio fisico in futuro", afferma Schwendinger. Sono scoperte come queste che possono aiutare le persone a rimanere sane e mobili anche in età avanzata.

Pubblicazione originale

Fabian Schwendinger et al.
Intensità o volume: il ruolo dell’attività fisica nella longevità
European Journal of Preventive Cardiology (2024), doi: 10.1093/eurjpc/zwae295