Quando si fa cadere la tazza preferita o ci si siede sugli occhiali, si è troppo preoccupati per notare la complessa rete di crepe che è apparsa sull’oggetto rotto. Catturare la formazione di questi schemi è la specialità di John Kolinski e del suo team presso il Soft Interface Mechanics Laboratory della Facoltà di Scienze e Tecniche dell’Ingegneria dell’EPFL. I ricercatori cercano di capire come si propagano le cricche nei solidi fragili, il che è essenziale per sviluppare e testare materiali compositi sicuri ed economici, da utilizzare nell’edilizia, nello sport e nell’ingegneria aerospaziale.
Ma gli approcci meccanici tradizionali all’analisi della formazione di cricche presuppongono che le cricche siano planari, cioè che si formino sulla superficie bidimensionale di un materiale. In realtà, le cricche planari semplici sono solo la punta dell’iceberg: la maggior parte delle cricche, come quelle nei comuni solidi fragili come il vetro, si propagano in reti tridimensionali di creste e altre caratteristiche complesse.
A causa dell’opacità dei materiali e della velocità di formazione delle crepe, è estremamente difficile osservare questa complessità in tempo reale. Recentemente, utilizzando un coltellino svizzero e un microscopio confocale, John Kolinski e il suo team sono riusciti a farlo e hanno scoperto un legame positivo tra la complessità delle crepe e l’opacità dei materiali.
"L’energia di cui una cricca ha bisogno per progredire è tradizionalmente considerata una proprietà del materiale, ma il nostro lavoro fornisce una visione unica del ruolo fondamentale della geometria. Infatti, aumentando la complessità delle caratteristiche geometriche all’estremità della cricca, un materiale può diventare più resistente, poiché una cricca complessa richiederà una maggiore quantità di energia di deformazione rispetto a una cricca semplice per progredire", afferma John Kolinski. "Questo evidenzia un’importante lacuna nell’attuale teoria delle cricche 3D".
I risultati del laboratorio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Nature Physics.
Un legame fondamentale tra lunghezza e forza
Il metodo dei ricercatori prevedeva la creazione di fette molto sottili di quattro diversi idrogel e di un elastomero. Trasparenti e fragili, ma facili da deformare e misurare senza rompersi, gli idrogel sono serviti come sostituto per capire come si formano le crepe nel vetro e nelle plastiche fragili. Anche l’elastomero è stato un sostituto di materiali come la gomma e i polimeri di silicone.Gli scienziati hanno osservato le crepe sperimentali utilizzando un microscopio confocale all’avanguardia. Queste sono state causate da un classico coltellino svizzero: l’azione di taglio ha prodotto naturalmente crepe geometricamente complesse nei campioni di idrogel. Utilizzando un dispositivo su misura sviluppato dal team del laboratorio EMSI per controllare l’allineamento e il caricamento dei campioni, sono state generate una serie di immagini fluorescenti con il microscopio confocale e poi impilate per assemblare una mappa tridimensionale unica di ogni superficie di frattura.
"È noto da tempo che le cricche possono diventare complesse esaminando le superfici di frattura a posteriori, ma si perde la comprensione delle condizioni di carico al momento della comparsa della cricca o delle forze a cui il campione è stato esposto", spiega John Kolinski. "Il nostro innovativo metodo di imaging ci ha permesso di caratterizzare rigorosamente questa relazione in situ".
In breve, questi esperimenti hanno rivelato che l’energia di deformazione richiesta per fessurare il campione era direttamente proporzionale alla lunghezza delle punte delle cricche. Ciò suggerisce che la maggiore complessità geometrica di una cricca 3D genera una superficie di frattura più ampia man mano che la cricca progredisce, richiedendo una maggiore energia di deformazione per farla avanzare.
In un altro esperimento, gli scienziati hanno dimostrato che quando una cricca più liscia si avvicinava a un ostacolo rigido incorporato nel campione, la simmetria planare della cricca veniva rotta, aumentando sia la lunghezza della punta della cricca sia l’energia necessaria per farla avanzare.
"Il fatto di poter isolare il modo in cui la complessità geometrica si genera con una tale eterogeneità nel materiale potrebbe portare a nuovi approcci di progettazione", afferma John Kolinski. "Il nostro lavoro evidenzia anche l’importanza della cautela nella conduzione dei test sui materiali, poiché ora sappiamo che qualsiasi deviazione geometrica da un fronte di cricca planare può portare a una misurazione errata - e a una sovrastima potenzialmente pericolosa - della tenacità del materiale".