Professor Bertoni, quali ricerche sta portando avanti il suo laboratorio?
La nostra ricerca è sui linfomi, un tipo di tumori maligni nostra ricerca è sui linfomi, un tipo di tumori maligni che originano dai linfociti, le cellule che di solito ci proteggono da infezioni ed anche dall’insorgenza proprio dei tumori. In particolare, abbiamo due filoni di ricerca. Siamo interessati a nuove terapie ed ai meccanismi di resistenza che le cellule tumorali usano per sopravvivere alle terapie che vengono usate nei pazienti. Questo perché purtroppo ancora troppe persone che sviluppano un linfoma hanno una malattia che da subito o, soprattutto con il passare del tempo, non risponde alle terapie.Studiamo poi un particolare tipo di linfoma, il linfoma marginale extranodale, che è un tipo particolare di tumore che insorge spesso in seguito ad infiammazioni croniche su base infettiva o auto-immune, ed in sedi anatomiche che non sono linfonodi o il midollo, tipici degli altri linfomi.
Quali sono le piste più promettenti?
Per i nuovi trattamenti, stiamo lavorando su diversi approcci, con piccole molecole, con terapie basate su anticorpi e terapie cellulari. Stiamo ottenendo informazioni molto interessanti mantenendo dei modelli cellulari di linfoma, derivati da pazienti, sotto trattamento per diversi mesi, fino allo sviluppo di resistenza. In parallelo, usiamo approcci di ingegneria genetica che ci permettono di studiare gli effetti di tutti i geni o trascritti non-codificanti, spegnendone o accendendone uno alla volta in cellule esposte al farmaco che stiamo studiando. Questi metodi ci permettono di capire bene il meccanismo di azione dei farmaci, come possiamo migliorarne l’azione e quali pazienti possano beneficiarne maggiormente.Per studiare il linfoma marginale extranodale stiamo usando metodologie che ci permettono di vedere i geni espressi e come vengono regolati a livello delle singole cellule del linfoma ed delle cellule del microambiente circostante.
Potreste avanzare nelle vostre ricerche senza la sperimentazione animale?
Svolgiamo la grossissima parte del nostro lavoro usando modelli in vitro ed evitiamo quando più possibile l’uso di test sugli animali, sostituendoli con altri metodi. Non possiamo tuttavia ancora farne a meno del tutto per progredire nella nostra ricerca contro i linfomi. Nel nostro caso usiamo modelli murini nei quali facciamo crescere cellule tumorali umane o murine. Li usiamo a volte per confermare l’attività antitumorale - osservata prima in vitro - di nuovi farmaci, dati come agenti singoli, o di nuove combinazioni. Questo perché può essere che usando solo linee cellulari in vitro si sovrastimi l’efficacia di una terapia. Un altro motivo è lo studio dell’effetto dei farmaci non solo sulle cellule tumorali ma anche sulle cellule del sistema immunitario. Per entrambi i bisogni abbiamo già iniziato ad usare dei metodi che ci permettono di far crescere le cellule tumorali in vitro assieme a varie altre cellule, comprese cellule del sistema immunitario. Questo ci permetterà di ridurre ancora di più il ricorso alla sperimentazione sui topi.Interessante, nel nostro campo, è il fatto che i cani domestici hanno una alta incidenza di linfomi spontanei, che sono biologicamente simili a quelli umani. Abbiamo quindi in corso collaborazioni con veterinari per paragonare la genetica e la risposta a farmaci tra tumori canini e umani. Questo permetterà di avere dati preziosi per l’essere umano senza dover ricreare la situazione in laboratorio, ovvero senza dover riprodurre i tumori nei topi, e consentirà al contempo di offrire terapie nuove ad animali che ne hanno bisogno.