I tumori della prostata resistenti alla castrazione (CRPC) sono tessuti altamente infiammati, comunemente infiltrati da neutrofili immunosoppressivi, che contrastano l’immunità antitumorale e promuovono la resistenza alla terapia. Il team guidato dal Prof. Alimonti ha condotto ricerche pionieristiche sulla caratterizzazione di questi neutrofili immunosoppressivi nel contesto del carcinoma prostatico avanzato, evidenziando il loro ruolo chiave nel peggioramento dell’esito della malattia sia in modelli preclinici che clinici (Di Mitri et al., Nature, 2014; Calcinotto et al., Nature, 2018; Bancaro et al., Cancer Cell, 2023; Guo et al., Nature, 2023). È interessante notare che la presenza di un tumore e l’infiammazione sistemica sono spesso associate a un’ipercoagulabilità del sangue. Nonostante la forte associazione tra coagulazione e infiammazione, il ruolo dei fattori di coagulazione nella progressione del cancro rimane ancora poco chiaro.
La scoperta
La Dott.ssa Bianca Calì e i colleghi dell’IOR hanno sfruttato le tecnologie all’avanguardia di sequenziamento del genoma per caratterizzare in modo esteso il profilo secretorio dei neutrofili immunosoppressivi nel microambiente tumorale del carcinoma prostatico resistente alla castrazione. Lo studio ha rivelato che i neutrofili immunosoppressivi possono rilasciare nel microambiente tumorale della prostata, sia nei topi che nei pazienti affetti da CRPC, il fattore di coagulazione (Fattore X). Pertanto, i ricercatori dell’IOR hanno scoperto che i neutrofili immunosoppressivi sono una fonte inaspettata di fattori di coagulazione, solitamente prodotti dal fegato, nei modelli murini e nei pazienti con CRPC. Più specificamente, il team ha dimostrato che il Fattore X derivato dai neutrofili promuove direttamente la resistenza alla terapia di deprivazione androgenica attivando segnali proliferativi nelle cellule tumorali prostatiche. È interessante notare che alti livelli di Fattore X derivato dai neutrofili, così come del suo recettore espresso sulle cellule tumorali (PAR2), sono associati a una prognosi sfavorevole nei pazienti con carcinoma prostatico. Infine, la somministrazione di specifici anticoagulanti che inibiscono l’attività del Fattore X ha migliorato l’efficacia delle terapie standard nei modelli murini. Questa ricerca svela una nuova interazione tra fattori di coagulazione, cellule immunitarie e cancro.Lo studio
Lo studio intitolato "Coagulation factor X promotes resistance to androgen-deprivation therapy in prostate cancer" condotto presso l’IOR ha beneficiato di numerose collaborazioni svizzere e internazionali, tra cui l’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI), l’Ospedale Universitario di Zurigo (USZ), l’Università di Padova (Italia), l’Istituto di Ricerca sul Cancro in Inghilterra (ICR/RMH, Londra, Regno Unito) e il Centro Medico dell’Università Johannes Gutenberg (Mainz, Germania).Lo studio e’ stato pubblicato sulla rivista Cancer Cell: https://doi.org/10.1016/j.ccell.2024.08.018