La mostra fotografica " Doppio Sguardo. Riflessioni visive ", nata da un progetto diretto dalla Prof.ssa Katharina Lobinger (Project Leader), Professoressa straordinaria presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società, e coordinato da Federico Lucchesi ( Numerosi media locali hanno intervistato gli ideatori del progetto per approfondire le tematiche trattate.
Le fotografie hanno una complessità che non è sempre semplice cogliere, come spiegato dalla Professoressa Katharina Lobinger: La loro complessità non si limita "alla superficie, al livello della rappresentazione (anche simbolica), ma prosegue nel loro utilizzo come oggetti nelle pratiche relazionali". Evidenziando le funzioni sociali della comunicazione visiva, la mostra "Doppio Sguardo" si propone di riflettere sul controverso valore dei selfie, tanto stigmatizzati quanto fondamentali per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Si tratta di "un’esposizione sui selfie e sulla comunicazione quotidiana più in generale", come l’ha definita la direttrice del progetto.
Come spiegato da Federico Lucchesi , gli studi condotti tra il 2018 e il 2022 hanno permesso di evidenziare l’ambivalenza di significati attribuita agli autoscatti: "Abbiamo realizzato 90 interviste a 30 coppie di partner o amici in tutta la Svizzera, con età dai 18 ai 91/92 anni, notando subito come molti degli intervistati disapprovassero il selfie o descrivessero chi lo praticava come stupido, superficiale, egocentrico. Eppure, abbiamo scoperto che molte delle immagini più significative per i partecipanti alla ricerca erano proprio dei selfie", questo perché i selfie possono diventare simboli emotivi di ricordi condivisi, ad esempio insieme al proprio partner durante un viaggio. Ancora, i selfie possono svolgere una funzione rilevante nella creazione di rapporti: lo scambio di foto leggere, scattate in modo spontaneo, crea una routine capace di rafforzare i legami. "Parliamo di fotografie che non sono capolavori artistici, anzi sono spesso esteticamente brutte o insignificanti ma che hanno una funzione comunicativa importante, servono a sentirsi vicini" ha aggiunto la Professoressa Katharina Lobinger. Riconoscere la funzione sociale degli autoscatti è fondamentale per liberare la pratica dallo stigma che vi è associato.
Come mai allora si è creato uno stigma attorno ai selfie’ Da un lato si tratta sicuramente di una questione generazionale, tuttavia questo non è l’unico fattore a incidere, come spiegato dalla Professoressa Lobinger: "Non è l’aspetto principale sul quale si è focalizzata la ricerca, ma certamente è evidente che per le generazioni più giovani questa sia una forma naturale di espressione. Ciò nonostante, anche loro sentono l’applicazione dello stigma sociale nel momento in cui espongono pubblicamente questa pratica. Allo stesso modo nelle interviste, le generazioni non digitali tengono a sottolineare (quasi) sempre che preferiscono non farsi selfie se non in rarissime occasioni, proprio per prendere le distanze da sguardi stigmatizzanti in relazione ad egocentrismo, banalità e attribuzione di eccessiva importanza alla condivisione online".
Il "Doppio Sguardo" evocato dalla mostra vuole dunque focalizzare l’attenzione sul valore affettivo degli scatti, invitando l’osservatore ad andare oltre il pregiudizio sociale che potrebbe essere associato ai selfie. Diciassette immagini, anonimizzate grazie all’Intelligenza artificiale, sono esposte fronte e retro su un pannello. A ciascuna di esse sono associati due testi, dei quali si è occupato Federico Lucchesi: "Da un lato è riportato un testo con una frase chiave, una parola che richiama lo stigma associato all’immagine, dall’altro la stessa immagine è accompagnata da una descrizione che racconta la ragione per cui quella foto è importante per la relazione". Spesso, infatti, dietro alle immagini si cela un lessico familiare, si tratta di "informazioni contestuali che non sono visibili nell’immagine o che non sono visibili ad altre persone, perché nascono all’interno della relazione della coppia di amici o partner, e che quindi sono comprensibili soltanto a loro". Comprendere un’immagine significa dunque comprendere il contesto in cui è stata scattata, e "fermandoci al contenuto, potremmo perdere il vero significato dell’immagine".
Federico Lucchesi ha inoltre spiegato un’altra peculiarità della mostra: "Abbiamo fatto ricorso a un uso innovativo dell’IA, un’altra pratica che spesso subisce uno stigma negativo, ma che noi abbiamo voluto utilizzare in chiave positiva per tutelare la privacy delle persone raffigurate. Anche se avevamo il consenso delle persone per utilizzare le foto volevamo proteggerle da una diffusione non desiderata futura. L’IA ci è dunque servita per ricreare un’immagine identica nell’organizzazione e nella rappresentazione rendendo però non identificabili le persone rappresentate".
Dopo le due settimane di esposizione a Villa Ciani a Lugano, terminate sabato 23 novembre, dal 5 al 21 dicembre sarà possibile visitare la mostra "Doppio Sguarda" presso Palazzo Franscini a Bellinzona il lunedì dalle ore 08:00 alle ore 21:00 , dal martedì e al venerdì dalle ore 08:00 alle ore 19:00 e i sabato dalle ore 09:00 alle ore 13:00.
La pratica del selfie, tra relazione e stigma sociale, in mostra negli spazi di Villa Ciani (Azione)
Un doppio sguardo per riflettere
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